
7 dicembre 1974. è circa l'una di notte. Appena fuori da villa San Martino, ad Arcore, sta per essere rapito Luigi D'Angerio. Il principe di Sant'Agata, così era conosciuto a Milano, sta cenando assieme alla famiglia, ospite dell'allora trentottenne Silvio Berlusconi.
Fuori dai cancelli della sfarzosa villa brianzola ci sono due Alfa Romeo 2000, una bianca l'altra grigio metallizzato, ed al loro interno quattro uomini. A dare loro il via sarà l'accensione della A112 che trasporta Luigi D'Angerio, la moglie Giuseppina ed il figlio Alfredo. I rapitori seguono l'auto che trasporta la famiglia D'Angerio, ed una volta affiancata sparano alle gomme con una Beretta 7,65.
Ma il sequestro fallisce poco dopo, quando, all'altezza di Monza, l'Alfa con a bordo D'Angerio si schianta contro un palo a causa della nebbia. L'ostaggio riesce a fuggire.
Fin qua la storia sembra abbastanza verosimile, se non fosse per alcuni dettagli che insospettiscono anche le forze dell'ordine incaricate di fare luce sul sequestro: perché è stato preso in ostaggio un signore ultrasessantenne che non sarebbe stato capace di mettere insieme più di qualche decina di milioni di lire? E come mai a poche decine di metri dal palo a cui sono andati a sbattere i rapitori, i carabinieri trovano accanto a una lupara, una patente intestata al boss mafioso e latitante Pietro Vernengo?
Ed ancora, perché nella descrizione della cena che ha preceduto il rapimento, contenuta nei rapporti dei Carabinieri, il racconto del rapito ha una strana incongruenza col racconto che farà il padrone di casa, Berlusconi? Secondo il Cavaliere infatti i commensali quella sera erano 12: lui, sua moglie, Fedele confalonieri, Marcello Dell'utri, l'insegnante d'inglese dei figli, Luigi D'Angerio con moglie e figlio a seguito, e due uomini d'affari, Primo Cignoli e Attilio Capra accompagnati dalle rispettive fidanzate. Mentre dalla prima deposizione di D'Angerio del 7 dicembre, ore 18:00, i commensali risultano essere 13: “era presente un'altro giovanotto” dice D'Angerio al magistrato “che stava li e che era il fattore...” D'angerio si riferisce evidentemente a Vittorio Mangano.
Non avendo avuto la notizia dal diretto interessato, nonché padrone di casa, Silvio Berlusconi, gli inquirenti verranno a sapere della presenza a villa San Martino del pregiudicato Vittorio Mangano casualmente, grazie ad una precedente ordine di cattura nei suoi confronti per truffa. Così l'inchiesta, che già dopo una ventina di giorni stava per essere chiusa, arriva a una svolta.
I carabinieri portano via Mangano in manette e tre giorni dopo ottengono dal sostituto procuratore La Mattina un'ordine di perquisizione. Il fattore di villa Berlusconi resterà in prigione poco meno di un mese: il 22 Gennaio 1975 verrà rilasciato e tornerà a vivere a villa San Martino, ancora alle dipendenze del cavaliere.
Berlusconi e l'allora segretario Marcello Dell'Utri, oggi senatore pdl, hanno più volte affermato che Mangano venne allontanato da Arcore subito dopo il sequestro D'Angerio. Ma, purtroppo per loro, agli atti della procura di Palermo c'è un documento che rivela il contrario: finito nuovamente in prigione, il 6 dicembre 1975 Vittorio Mangano viene nuovamente scarcerato e per l'ennesima volta dichiara di eleggere domicilio in Arcore, via Villa San Martino 42.